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Il problema di H&M con i salari

Come fa H&M a far pagare prezzi così bassi per jeans, t-shirt ecc? Da qualche parte dovrà pur risparmiare… Non sulle campagne pubblicitarie, in cui non sono mai mancati grandi nomi della moda, ma piuttosto sull’acquisto delle materie prime e sui salari dei lavoratori lungo la catena di produzione dei suddetti abiti. Già nel 2013 una ricerca condotta in sei fabbriche fece emergere il problema delle paghe da fame e delle violazioni dei diritti dei lavoratori: H&M rispose promettendo l’adeguamento dei salari a livelli dignitosi entro il 2018 e presentando la “Roadmap towards a fair living page in the tessile industry”. Grande ritorno d’immagine per l’operazione – che nelle intenzioni avrebbe coinvolto 850.000 lavoratori – ma ben pochi effetti concreti. L’obiettivo stesso è scomparso dalla comunicazione aziendale.

Sono passati cinque anni e ancora non è cambiato niente, come dimostra il report H&M: le promesse non bastano, i salari restano di povertà pubblicato in settembre da Clean Clothes Campaign. La ricerca è stata condotta tra marzo e giugno 2018 in India, Turchia e Cambogia, dove i lavoratori guadagnano meno della metà della soglia stimata di salario dignitoso, e in Bulgaria, dove non si arriva nemmeno al 10% di quanto servirebbe per avere una vita dignitosa. In sostanza, uno dei maggiori rivenditori al mondo – con profitti per 2,6 miliardi di dollari, come accaduto nel 2017 – ha una catena di fornitura con lavoratori costretti a orari di lavoro che spesso superano il limite massimo legale.

Per spingere H&M ad adottare modelli retributivi più equi, a maggio è stata lanciata la campagna Turn Around, H&M coordinata dalla Clean Clothes Campaign e sostenuta dall’International Labor Rights Forum e da WeMove.EU. Un gruppo di attivisti ha manifestato a Stoccolma in occasione dell’incontro annuale degli azionisti di H&M, in cui la richiesta formale di discutere dell’impegno assunto dalla multinazionale a garantire il salario dignitoso ai lavoratori tessili della sua filiera, non è stata presa in considerazione. Sono state lanciate una petizione per chiedere salari dignitosi e condizioni di lavoro giuste in tutta la catena di fornitura di H&M, e una mobilitazione via social con la pubblicazione di foto “capovolte” accompagnate dagli hashtag #turnaroundhm e #turnaroundhmchallenge.

Il problema di H&M con i salari e le condizioni dei lavoratori non riguarda soltanto chi cuce nelle fabbriche, ma anche chi lavora negli altri livelli della catena di fornitura, dai poli logistici ai negozi. Da Stradella, nell’Oltrepò Pavese, è partita infatti la denuncia degli operai di uno dei principali snodi europei della logistica di H&M e del sindacato che li rappresenta nella lotta per migliorare le loro condizioni di lavoro. Questo segna una nuova fase della campagna Turn Around, H&M: una settimana globale di mobilitazione (dal 23 al 30 novembre) con una serie di azioni di strada in 24 città tra cui Londra e Milano per sensibilizzare ancor più i consumatori sugli impegni mancati di H&M. Le manifestazioni arrivano proprio mentre nei negozi ci si prepara allo shopping di fine anno, e il calendario segna il quinto anniversario delle promesse fatte da H&M nell’ormai lontano 2013.

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